PENSARE DIVINO, un blog che ruota intorno al mondo del vino, partendo dalla vite, passando per l' uva e arrivando al bicchiere in tavola.
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martedì 31 maggio 2011

la zavorratura del trattore

Questo è un argomento che si stacca dall' ambito enologico-vitivinicolo, ma che comunque rappresenta un buon discorso dal punto di vista del lavoro pratico.

E' molto importante avere un trattore o una macchina operatrice del giusto peso, in relazione alla lavorazione e alle condizioni di lavoro, mi spiego meglio, avere un trattore che pesa tanto (e quindi che compatta molto il terreno) durante lavori che non implicano grossi sforzi e problemi di aderenza (sia per il fondo del terreno che per le atrezzature leggere) è inutile, inquanto i consumi di gasolio e di gomme aumentano, un esempio di questi lavori posso essere cimatura, sfalcio dell' erba, trasporto di carichi leggeri.

Invece dobbiamo vedere le zavorre come degli aiuti nel nostro lavoro quando necessitiamo di avere maggior grip sul terreno, una migliore ridistribuzione dei pesi e contrappesi e un migliore scarico della potenza al suolo. Personalmente le uniche lavorazioni in cui aggiungo zavorra al trattore sono durante ripature profonde su terreni sciolti o compatti (in questo modo sposto parte del carico sull' asse anteriore che mi facilita il lavoro) oppure quando mi addopero allo sfalcio delle scarpate (sfrutto la zavorra per riequilibrare il trattore, in senso opposto allo sbraccio), invece quando taglio erba più il trattore è leggere è meglio mi trovo, nel caso di trattamenti antiparassitari dovengo correre molto qualche zavorra sull' anteriore va sempre bene, anche perchè si lavora in collina.

Io solitamente zavorro il trattore avanti, nel caso necessiti di controbilanciare il carico posteriore e con acqua nelle gomme nel caso di bilanciamenti laterali. Le migliori condizioni di lavoro sono quelle in cui vengono usate macchine flessibili che permettono di cambiare agevolmente la distribuzione dei pesi, pur sempre rimanendo stabili e sicure. Ovviamente non posso pretendere di usare un trattore super leggero e zavorrarlo con molto peso, pensando di mantenere le caratteristiche intrinseche alla macchina (trazione, coppia, accelerazione, potenza, agilità), il mio consiglio è comunque quello di avere macchine ben piazzate al suolo con gomme adatte ad un basso impatto sul terreno e con la possibilità di essere zavorrate senza compromettere le loro "doti".

Io utilizzo dei Fendt 280P macchine robuste e pesanti, con una buona distribuzione dei pesi, che mi permettono di poter essere zavorrate sull' anteriore con 12 zavorre da 25Kg mentre sui fianchi dipende dal volume interno della gomma (mediamente 100 Lt), sempre mantenendo le loro carateristiche per qui li abbiamo preferiti, ovvero affidabilità, grande coppia motrice e manegevolezza.

Ovviamente la scelta della ridristribuzione dei pesi va fatta anche in relazione a dove andremo a lavorare, in pianura non si necessita di grosse zavorrature (apparte in casi limite) mentre per lavorare in collina è sempre meglio avere dai 50 ai 250 Kg di zavorra anteriore a seconda del lavoro, in modo da far affidamento anche sulla trazione delle ruote anterione mentre si manovra in pendenza.

lunedì 30 maggio 2011

Giornata di trattamenti

Oggi a distanza di 10 gg dall' ultimo passaggio a trattare, in azienda verrà efettuato il 3° trattamento della stagione.

Tutti i nostri trattamenti vengono fatti mediante l' ausilio di atomizzatori martignani kwh, che ci permettono di lavorare a basso volume (150-200 L/ha), sono quantita d' acqua ancora elevate, che manteniamo late solo perchè le velocità di avvanzamento del trattore e della scavallante Pellenc, variano da un minimo di 8.1 km/h ad un max di 10.3 km/h della Pellenc, e quindi si rende necessario avere una bagnatura fogliare efficace.

Se lavorassimo a velocità inferiori la quantità di acqua per ettaro sarebbe nettamente inferiore, ma in questo caso verrebbe a mancare il requisito fondamentale per un buon trattamento, ovvero farlo in meno di 24 ore, in modo da omogeneizzare tutta l' azienda e di non avere parcelle meno protette.

Sono già parecchi anni che in azienda il nemero totale di trattamenti antiparassitari non super i 6 passaggi, questo ci permette di concentrarci maggiormente sulla cura del vigneto.

martedì 24 maggio 2011

irrigazione

questo è un buon periodo per parlare di irrigazione, infatti dalle mie parti, sono ben 12 gg che non piove e con temperature costanti di 30°C e umidità impressionanti tutte le piante soffrono, quelle giovani di più mentre quelle vecchie resistono ancora.

L' irrigazione è molto importate, ma va fatta nel modo e nel tempo giusto, ad esempio un irrigazione a piogga fatta durante il gorno provoca uno stres termico alle foglie che le può portare a dissecamento, altro problema sorge da lunghe irrigazioni, con bagnature delle foglie maggiori di 2 ore circa, rischiamo di incorrere nelle circostanze perfette per lo sviluppo di peronospora. Mentre una corretta irrigazione a goccia, fatta in modo costante porta solo che benefi, sopratutto se addizionata di concimi nel caso di carenza del terreno.

l' irrigazione non è sempre indispensabili, infatti nelle coltivazione dove l' interfila è lavorato, l' umidità del terreno persiste per più tempo, rispetto a terreni inerbiti, questo può portare ad avere un azione mirata a seconda delle annate, con annatte piovose i filari possono essere lasciati inerbiti, nel caso di periodi come questi i terreni possono essere coltivati.

Altri vantaggi di coltivare o non coltivare il terreno sta nell' avere vignali con file lavorate in modo alternato (ovvero una fila inerbita e una lavorata, poi una inerbita e ancora un' altra lavorata, e così via) questo permette soppratutto a ridosso del periodo di vendemmia di riuscire a mantenere la vite in uno stato di stres-soppravivenza, infatti metà apparato radicale sarà in stres, e metà no.

A questo proposito, possiamo dire che l' irrigazione può essere fatta in 2 modi, o di "mantenimento della pianta" o di soccorso, la differenza è che la prima non fa entrare in stres idrico la pianta, portandola ad una produzione abbondante e con basso contenuto di zucchero, la seconda invece fa in modo che la pianta produca meno grappoli i quali avranno maggiori concentrazione succherine e di sostanze organice.

Attenzio c'è un sottile confine tra irrigazione di soccorso e stres idrico irreversibile dopo il quale la pianta va verso il dissecamento senza possibilità di soppravivenza.

Ovviamente questi discorsi dipendono molto alche dal tipo di porta innesto e dal tipo di terreno, tutti fattori che influenzano molto la scelta e la quantità di acqua somministrata.

martedì 10 maggio 2011

Il nuovo impianto

ieri, dopo molti problemi legati alla tempistica e al tempo, siamo riusciti a piantare una nuova superficie di barbatelle.

La zona è in collina con esposizione in direzione nord-est, suddivisa in 5 mancine, con dimensioni variabili, da 2 a 6 filari, piantumate a pinot nero, di 3 cloni diversi, la scelta è rivolta ad un obiettivo enologico legato alla spumantizzazione classica.

la restante area suddicisa in 2 grandi aree piane, è stata piantumata a ribolla gialla, di 5 cloni diversi.

Le 2 diverse area sono adiacenti ma la differenza di essere una in alta collina e l' altra alla base, porta ad avere più maturità fenolica nella zona alta, e una maggiore concentrazione di acidità nella zona basale.

martedì 3 maggio 2011

Il formaggio

Voglio descrivere in modo semplice e breve i processi che ci permettono di ottenere alcuni prodotti derivati dal latte: il formaggio ad esempio.

Il formaggio: per ottenerlo serve latte intero non pastorizzato, meglio se appena munto e possibilmente filtrato (anche grossolanamente per evitare il contatto prolungato con corpi estranei, quali peli o stoppe di paglia). All'atto della mungitura il latte ha una temperatura che oscilla dai 36 ai 38°C, andrà versato in un grande recipiente, (chiamato caldaia e possibilmente di rame) che andrà posizionato in prossimità di un fuoco; di seguito andrà aggiunto il caglio,(un enzima molto attivo che fa affiorare sulla superficie del latte la cosiddetta cagliata. La temperatura durante tutto il processo di cottura deve essere costante con intervalli fra i 37-40°C per una tempo variabile fra i 35 e i 45 minuti: tempo necessario affinchè si verifichi la reazione enzimatica e conseguente coagulo della materia grassa.

Si procede quindi con la rottura del caglio, passaggio molto importante, grazie al quale può essere decisa la consistenza del prodotto finito: con pochi tagli grossolani otterremo dei latticini morbidi, ad esempio lo stracchino, invece con tagli ripetuti si andranno a creare pezzetti più piccoli per poter ottenere formaggi a pasta compatta, (più piccoli sono i pezzi di cagliata più il processo di sineresi - fuoriuscita del siero - è facilitata).

Dopo questo procedimento si può iniziare a raccogliere la cagliata dal paiolo utilizzando teli di lino che serviranno anche in un secondo momento per compattare e asciugare le forme, che dovranno successivamente essere posizionare in forme (solitamente in legno) che verranno strette e pressate per 6 ore e poi salate.

Se volessiamo ottenere formaggi a grana super compatta, quali pecorino o grana, la cagliata dopo essere stata tagliata dovrà essere cotta nuovamente a temperature che arrivano a 50°C ritagliata e poi scolata, quindi messa in forma e salata.

Se invece si volesse ottenere la mozzarella, la cagliata andrà "pescata" sempre col panno di lino dal paiolo e immersa immediatamente in acqua bollente a 90°C cosicchè iniziando a filare si origina la mozzarella.

Per la ricotta invece, dopo aver estratto tutta la cagliata, si ricuoce tutto ciò che rimane nel paiolo. (E' da questo procedimento che deriva il nome ricotta). Quando poi il tutto si sarà raffreddato potremmo filtrare ciò che sarà affiorato; Dopo aver ottenuto la ricotta e volessimo affumicarla sarà sufficiente posizionare le ricotte fresche sopra un camino o sul fuoco a fiamma indiretta per alcuni giorni.

Ho voluto in questo articolo sintetizzare alcune nozioni e metodi usati per ottenere il formaggio e alcuni dei suoi derivati in modo artigianale, come si usa solitamente negli alpeggi.

rudy

I vantaggi di una vinificazione in riduzione

Una fermentazione in riduzione ci consente di mantenere i profumi dell' uva inalterati fino all' ottenimento del vino, quindi avremo un prodotto finito ricco di profumi riconducibili ai profumi del mosto e dell' uva (profumi dolci intensi).

Abbiamo anche il vantaggio di poter ottenere un vino con pochissima o quasi senza anidride solforosa.

L' errore nella produzione di vino da fermentazione riduttiva è quello di farlo affinare in barrique, un contenitore microossigenante.